delfydi

Il regno è delfyde è la Foresta del Quer che si trova al centro dell’enorme foresta che copre tutta la parte ovest di Arkhesya.

Popolo molto schivo e fiero. Vive in piccole comunità dislocate nelle radure dell’immensa foresta del Quer. Possiede facoltà magiche, specie nelle famiglie di nobile stirpe, dove risiedono ancora le antiche arti divinatorie e di difesa contro i nemici. Sono comandati da un Re che lascia completamente libere le contee di autoregolamentarsi egli ha il completo comando dell’esercito e delle leggi principali di vita del popolo. Tali regole vigono praticamente da sempre. Possono muoversi in ogni momento, ma prediligono la notte poiché hanno grandi capacità di visione notturna.

Origine: dalla narrazione della loro storia si evince che i delfydi discendono per linea diretta dalle nobili famiglie dealantite che abitavano in Arkhesya. Delof Nib Ynadi fu il capostipite di questa razza che fuggi dalla disgregazione del popolo dealantita. Il nobile Delof condusse la sua gente esule nella foresta del Quer dove si stabilirono nel profondo della boscaglia. La contrazione del nome Delof Nib Ynadi diede origine al nome del popolo delfyde che ne consacrò la memoria alla stregua di una divinità. Si dice che si siano rifugiati nella foresta del Quer per nascondere al mondo le loro incapacità di essere guida, in quanto famiglie nobili, del loro popolo. Ecco il motivo per cui sono molto schivi e difficilmente intervengono nella storia di Arkhesya pur facendo parte dell’Alleanza contro le forze del male. Nelle profondità del Quer fondarono una serie di piccoli villaggi abitati da pochi di loro proprio per rimanere separati gli uni dagli altri.
Le loro potenti doti magiche e la grande longevità di cui godono è dovuta a vari fattori. Innanzitutto non si mescolarono, se non marginalmente, alle altre popolazioni locali contaminando poco il sangue magico che scorreva nelle loro vene. La grande longevità, però, è dovuta al fatto che il loro primo re, Hatenor, nacque da uno sposalizio tra un dealantita della casata scelta degli He Ildehyn e una bellissima elfa oscura di lignaggio reale. Narra la leggenda che Alerond He Ildehyn ebbe in sposa Nalia, una bellissima elvhair, il popolo degli elfi oscuri, di cui si innamorò perdutamente durante una battuta di caccia al nord. Notò nel folto della foresta una creatura al contempo meravigliosa e inquietante. Cacciava coperta solo da un minuscolo peplum nei boschi della regione dei laghi, scalza e con un arco a tracolla. I capelli corvini, la pelle olivastra, gli occhi neri e profondi come gli abissi marini, il corpo flessuoso come un giunco. Il re se ne innamorò perdutamente e, pur essendo una creatura dei boschi, faticò non poco a non perderne le tracce. Alla fine Alerond, e il suo seguito di cacciatori, finirono in una trappola tesa dal popolo degli elfi oscuri e vennero portati di fronte a Re Kaulon, diretto discendente del mitico re Eghol dell’immenso bosco di Thyon. Nalia era la sua primogenita e non era intenzione del re lasciarla a un qualsiasi nobile delfyde, anzi. Alerond era un giovane alto, bellissimo nella sua tenuta da caccia, gli occhi azzurri come un cielo terso e i capelli bianchi come la neve appena caduta. Nalia non resistette al suo fascino e convinse il padre a cederla in sposa, ma Kaulon non volle cedere e disse ad Alerond che se voleva la mano di sua figlia avrebbe dovuto liberare il lago Gormloch da un terribile drago serpente che divorava insaziabile tutti i pesci del lago e molti dei malcapitati elfi oscuri che sfidavano la sorte per pescare nel lago. Alerond, per l’amore smisurato che provava, accettò la sfida e si avventurò, con alcuni fedelissimi, sul lago. Al terzo giorno di esplorazione incontrò il drago che uccise, in pochissimo tempo, tutti i suoi compagni. Ne seguì uno scontro furibondo nel quale, Alerond, riuscì a sconfiggere il drago rimettendoci però la mano sinistra che reggeva lo scudo e riportando innumerevoli ferite, tali da ridurlo quasi in fin di vita. Il suo amore per Nalia però era molto superiore alla perdita di una mano e sopravvisse. Re Kaulon vedendolo tornare con la testa del drago non poté che onorare la sua promessa e diede in sposa Nalia all’eroe ora osannato anche dal popolo dei boschi. I festeggiamenti durarono un’intera luna, come è usanza tra gli elfi oscuri e poi Alerond tornò in patria dove tutti ormai lo davano per morto.
I clan delfydi ascoltando la storia di Alerond e Nalia capirono che quello era un segno divino e chiesero a gran voce che Alerond divenisse il re di tutti i clan unendoli così in un solo popolo coeso.
Fu così, ma non durò molto perché poco dopo la nascita del suo unico figlio, Hatenor, il re morì per le ferite riportate nella lotta contro il drago lasciando Nalia come regina dei delfydi, fino a che non fosse giunta la maggiore età del figlio. Hatenor infatti, a tutti gli effetti, viene considerato il primo vero re di questo popolo. I delfydi derivano la loro longevità, godono infatti di una vita molto più lunga degli altri popoli, dal sangue di Nalia degli elfi oscuri che sono notoriamente creature plurimillenarie.

Moneta: SABLO. Il Sablo è una moneta tipicamente delfyde anche se valida in tutte le terre di Arkhesya. È ricavata dalla lega di alcuni metalli nobili ricavati in una sola miniera nascosta nel Quer. Solo la famiglia reale ne conosce l’ubicazione e i pochi fidatissimi incaricati che ne estraggono i metalli necessari alla realizzazione dei Sabli. Il Sablo ha un color argenteo ed è di grande valore. Naturalmente esistono le monete di valore frazionato rispetto al Sablo.

Lingua: La lingua delfyde è il delfyde. Forse la lingua più antica di Arkhesya e con derivazioni dirette dal dealatita. I delfydi mantennero quanto a lungo poterono la loro identità nobile per questo la loro lingua rispecchia in parte quella del mitico popolo degli dei. Il popolo utilizza la lingua più comune con suoni dolci e prolungati nella pronuncia. Ha una musicalità innata e per questo risulta adatta per le pratiche magiche inerenti la natura. La stessa lingua opportunamente modificata viene utilizzata anche dai maghi di Archemur per le arti magiche e di guarigione. Particolari sono i nomi delfydi che spesso sono composti di quattro parole di cui le due centrali sono lunghe due o tre lettere massimo.

Governo: Monarchia nobiliare casata dei He Ildehyn che quasi certamente è una storpiatura dell’antico Ynadi, il fondatore. Il re si narra essere diretto discendente della famiglia più nobile della corte dealantita. Egli riveste il grado di sovrano per diritto di nascita per tutta la durata della vita che è spesso molto lunga perché il sangue reale è anche ricco di capacità magiche. Il primogenito maschio o femmina indifferentemente possono diventare re o regina del popolo delfyde. Esiste un consiglio composto dai governatori dei villaggi sparsi nella foresta che viene convocato in caso di gravi decisioni. Per il resto il popolo delfyde è molto libero e nutre un grande rispetto per il re e per la sua parola. I Cavalieri Helar sono un gruppo scelto e segreto che protegge il re in caso di attacchi anche se bisogna tenere presente che all’interno della foresta le magie contro il re non funzionano.

Esercito: L’esercito è composto essenzialmente da fanteria proprio per la conformazione geomorfologica del territorio delfyde. Grandissimi arcieri sia con arco lungo, corto che balestra. Nel combattimento corpo a corpo eccellono con tecniche molto eleganti e veloci. Lanciatori di coltelli e pugnali di infallibile precisione sanno dare la vita per compagni e alleati senza remore. Esiste anche un reparto di cavalleria leggera, ma poco efficace e poco utilizzato eccetto naturalmente che per gli arcieri a cavallo, molto ricercati per la loro abilità. Sanno utilizzare anche alcune magie che risultano estremamente utili nei confronti di eserciti sprovvisti di arti magiche, ma risultano poco incisivi se a confronto con maghi e stregoni. Vi è però una specie di corpo speciale, i Quitervus, che viene addestrato con l’arco e al lancio delle lame. Sono di grandissima abilità e cavalcano dei maestosi cervi maschi che con il loro ampio palco di corna possono doventare armi potenti in uno scontro sul campo di battaglia. Si narra che l’abilità di cavalcare cervi sia stata insegnata loro dagli elfi erranti comunemente chiamati Elvhrend.

Caratteristiche: gli individui di questa razza sono solitamente molto alti e longilinei, carnagione chiara, quasi pallida anche se ogni tanto nascono dei bimbi, soprattutto femmine, con la carne olivastra come la loro ava Nalia degli Elvhair. I lineamenti del viso sono dolci ma con questo contrasta lo sguardo solitamente austero se non addirittura arcigno. Posseggono una vista acutissima che migliora sensibilmente di notte e questo li rende i più temibili arcieri e guerrieri notturni di Arkhesya. Tutti i loro sensi, comunque, sono spiccatamente più sensibili delle altre razze. Retaggio antico, hanno conservato poteri magici legati alla natura che permettono loro di essere molto temibili in battaglia, ma anche guaritori dotati di grandi qualità. Il loro senso dell’orientamento all’interno delle foreste è leggendario e soprattutto i maschi della specie sono spesso utilizzati per attraversare le grandi foreste di Arkhesya. Parrebbe siano più capaci persino degli esploratori che escono dall’accademia Nhulin, la più famosa del regno ulgan, ma gli ulgan dicono che sono più bravi solo nelle foreste, negli altri ambienti gli esploratori ulgan non hanno rivali. Le femmine di questo popolo sono solitamente bellissime eleganti, dai modi eterei, portano capelli lunghi e lisci, solitamente molto chiari o con riflessi rossastri. Possono diventare guerriere potenti se debitamente addestrate poiché alla grande eleganza e plasticità dei movimenti accompagnano una innata precisione in ogni loro gesto e una capacità magica di mimetismo. Soprattutto nel genere femminile sono spiccate alcune doti magiche come un canto suadente che ipnotizza o fa addormentare anche i nemici più audaci e combattivi. Una nota a parte merità la longevità di questo popolo. Non sono immortali, muoiono tanto quanto gli altri popoli di Arkhesya ma, grazie al sangue Elvhair che scorre nelle loro vene, i più longevi tra loro possono toccare tranquillamente i 4-5.000 anni per cui, agli occhi delle altre etnie, sembrano eterni. Un deldyde che dovesse diventare dravide e studiare nella fortezza di Archemur, aumentando così le sue doti magiche, potrebbe addirittura toccare i 7-8.000 anni, un’età straordinaria che gli permetterebbe di vedere intere ere srotolarsi sotto ai suoi occhi. in pratica tutti li vedrebbero come esseri oltre il tempo, ma in effetti si parla piuttosto di un invecchiamento lentissimo che fa sembrare ogni individuo di questa razza longevo oltre ogni altro. Una peculiarità che contraddistingue questa strana etnia, anche questa forse ereditata dal sangue Elvhair, e lo strano sviluppo proprio dei delfydi. Essi raggiungono la completa formazione fisica intorno ai vent’anni di vita, più o meno come le altre etnie, ma a quel punto si fermano. Nel popolo delfyde esiste un rito iniziatorio chiamato: “Delle duecentocinquanta Lune” a cui partecipano tutti i giovani delfydi, mese dopo mese, vengono introdotti nella comunità come adulti e viene consegnato loro il monile della maturità: una collana per le giovani donne, la Yonej e un pugnale per i giovani maschim il Linghem. Il loro sviluppo, a quel punto, rallenta e pare fermarsi del tutto perché, da quel momento, il loro invecchiamento è, agli occhi delle altre creature di Arkhesya, pressoché impercettibile.
La morte di un delfyde è misteriosa, i guerrieri che muoiono in battaglia vengono incendiati con un comando magico da parte di uno dei loro compagni d’arme, ma gli altri decadono velocemente come se l’esistenza, una volta raggiunto il termine della spinta vitale, si sottraesse in pochi anni. Vivono perciò molto a lungo, ma la loro morte è repentina e di solito, in pochissimi anni, di solito un lustro, sembrano invecchiare di decenni ogni anno fino alla consunzione finale. Anche per questo motivo pressoché nessuno, in Arkhesya, è invidioso della condizione delfyde che solo all’apparenza è quella di un semidio, ma poi all’atto pratico, seppur dopo millenni, si risolve in un crollo repentino e disperato che porta l’individuo a una condizione di prostrazione. Se il delfyde, nel corso della sua vita, non ha seguito nessuno percorso di presa di coscienza della sua condizione rischia, nella fase finale di diventare pazzo per quanto repentina sarà la degradazione del suo corpo e l’inevitabile, invalidante, vecchiaia improvvisa.

Religione: la religione dei delfydi è strettamente legata all’astro solare ed alla costellazione di Arhel, la stessa che da nome anche alla divinità massima del mondo delfyde che altri non è se non la dea Anilaur che, nella loro lingua acquisisce il nome di Arhel. Secondo i delfydi l’astro solare, la massima luce su Arkhesya, deriva la sua energia e la sua potenza direttamente dalla costellazione di Arhel. È Arhel che mantiene vivo e di conseguenza dona la vita al sole e quindi anche ad Arkhesya stessa. I delfydi quindi consacrano tutta la loro vita religiosa alla devozione massima per questa costellazione da cui i vecchi saggi dicono sia giunto un giorno il capostipite Dealantita. Non vi è un culto vero e proprio comprensivo di regole o ritualità. Le devozione viene vissuta spontaneamente ed ogni delfyde vive a modo suo la religione. La casta sacerdotale è, perciò, praticamente inesistente e, in ogni caso, i pochi esistenti sono depositari di conoscenze che non divulgano e che mettono a disposizione esclusivamente della famiglia reale. I morti, di qualsiasi ceto essi siano, vengono riposti in una piccola canoa di legno di frassino e lasciati andare in uno dei torrenti che passano attraverso la foresta del Quer. Questo accade perché tutti i corsi d’acqua della terra delfyde proseguono per lunghi tratti in superficie per poi scomparire nelle viscere della terra per non riemergere mai più. Questo da modo di pensare ai delfydi che il corpo dei loro cari raggiunga una sorta di mondo degli inferi dove riposare, mentre il soffio vitale degli stessi si stacca dopo la morte per raggiungere la grande comunità della costellazione Arhel. Il rito è uguale nella sostanza per ogni ceto sociale anche se la famiglia Reale e le famiglie di diretta discendenza nobiliare adottano un certo sfarzo nella cerimonia e la loro barca è intarsiata, raffinatissima e di legno pregiato.

Costumi: vivono in stato quasi nomade, nel senso che le loro contee sono semoventi e così le loro dimore. Sono totalmente compenetrati e in armonia con la foresta che abitano e pur costruendo non lasciano mai devastazione o distruzione nelle aree che occupano. Quando, dopo un certo periodo lasciano il posto usato, lasciano che la natura se ne rimpadronisca completamente. Sono quasi esclusivamente vegetariani e ghiotti di frutta, ghiotti di ogni tipo di prodotto della terra coltivano ben poco essendo la foresta ricca di tutto quello che a loro serve. Una particolarità è il loro famosissimo elisir: Eloyer-Gha prodotto con grande perizia e con erbe colte in particolari momenti dell’anno, in un preciso momento di Luna o di Sole. Lavorate dai più saggi erboristi e alchimisti e dopo innumerevoli processi di macerazione, fermentazione danno luogo a un potente amaro-elisir dalle qualità portentose. Utilizzato in varie modalità soprattutto di guarigione può però essere diluito in acqua (visto l’altissimo grado alcolico) e utilizzato nelle feste a scopo puramente ludico.

Approfondimento sui delfydi

Il popolo delfyde è molto speciale e per molti versi ricco di particolarità che lo rendono diverso da ogni altro.

I giovani delfydi, fin da piccoli, vengono osservati con attenzione, dalla nascita fino ai sette anni di età, da alcuni sovrintendenti incaricati dalla casata reale. Questi sovrintentendi sono dotati di un peculiare potere: sono in grado di scrutare con grande perizia l’aura e le capacità dei giovani che analizzano. Attraverso un rito proprio di questo popolo stabiliscono se sono giovani normali e quindi con le normali facoltà magiche proprie di questo popolo oppure se sono delfydu speciali. Un giovane ogni cento, circa, svilupperà dei poteri particolare: sarà dotato di un udito raffinatissimo oppure di un olfatto altrettanto affinato. Gli esperti dicono che questi sensi si sono fatti più affinati in questo popolo perché vivere nel Quer predispone non tanto alla vista, ma soprattutto ad affinare altri sensi come udito e olfatto. Questa teoria è molto probabile vista la configurazione geomorfologica del territorio delfyde. Vengono chiamati con molti nomi, ma i più comuni sono: Gli Afferrasuoni o Vibraccogli per coloro che hanno un udito finissimo e I Fiutaromi o Effluviannusa. Molto importante è sapere che tutti gli Afferrasuoni sono maschi mentre le Fiutaromi sono femmine. Non è mai accaduto che sia nato un Afferrasuoni femmina o, al contrario, un Fiutaromi maschio. Secondo un’antica profezia qualora accadesse questo, la fine del popolo delfyde sarebbe vicina, imminente. Questi giovani ragazzi vengono prelevati dalle famiglie e trattati come dei privilegiati. Viene loro impartita una disciplina ferrea che permette loro di sviluppare al massimo queste facoltà. Diventano così abili che un Afferrasuoni è in grado di cogliere rumori debolissimi a centinaia di metri di distanza. Nell’assoluto silenzio della foresta dove, a causa dell’intricata vegetazione, la vista non serve quasi a nulla, avere un abile Afferrasuoni può salvare la vita di una intera squadra o di un intero gruppo di delfydi. Si racconta che un Afferrasuoni perfettamente addestrato e con doti molto spiccate senta gli insetti camminare, possa ascoltare le voci di un villaggio a una lega di distanza e cose di questo tipo. Sono esseri eccezionali di grande utilità in una foresta come il Quer e non solo. Lo stesso dicasi delle Fiutaromi, sono ragazze, donne, con capacità olfattive ai limiti dell’inverosimile. Sentono aromi, odori, essere a distanze impossibili da concepire e, soprattutto, possono dirigere il loro olfatto a volontà sentendo perciò solo quello che desiderano. È di enorme utilità in innumerevoli occasioni, ad esempio se un guaritore ha bisogno di una pianta particolare è sufficiente chiami una Fiutaromi e lei è in grado di scovare quella pianta anche a grande distanza nella foresta. Sono esseri speciali che nascono di rado, ma rendono un servigio insostituibile a questo popolo. Entrambe le categorie sono molto ambite dagli stregoni neri del nord e, purtroppo, capita a volte che qualche squadra di wirapi si inoltri nel Quer per rapire un Afferrasuoni o una Fiutaromi per portarli a Magogur dove verranno schiavizzati per le nefandezze degli stregoni che li usano come avanguardie dei loro eserciti quando si inoltrano in alcune foreste a combattere. Si dice che vengano utilizzati anche per altri scopi infami, ma è meglio non approfondire. Esistono squadre che, dalla notte dei tempi, presidiano il confine tra il Quer e il Treewood. È un confine labile, ma il Treewood è la foresta più pericolosa e inesplorata di Arkhesya. Nessuno la conosce e nessuno, nemmeno i dravidi, vi penetrano, per questo non si conoscono le creature che la abitano. Esiste però una sorta di confine, una delimitazione magica in forma di barriera che i delfydi, ancora ai primordi della loro civiltà, eressero per non diventare preda delle creature che vivono nelle profondità del Treewood. La barriera Obixur viene chiamata dai delfydi Bloccademoni. Questo nome è dovuto alle aspre battaglie che i delfydi hanno dovuto combattere, nella profondità della loro foresta, contro torme di demoni che dal Treewood si riversarono nel territorio delfyde spesso facendo delle vere e proprie stragi di questo popolo. Fu la regina Eldenet, dopo aver perduto in uno dei tanti combattimenti il figlio Endemyl, a decidere di erigere una serie di barriere che, in seguito, vennero unificate in un’unico grande sbarramento magico invalicabile per le creature malefiche del Treewood. Tra le particolari truppe che formano il peculiare esercito delfyde vi sono delle squadre di guerrieri acrobati in grado di combattere nel fitto della foresta saltando da un ramo all’altro, da un albero all’altro con estrema velocità e agilità. Vengon chiamati Balzalberi e nelle foreste sono letali per velocità e precisione. Le loro armi sono soprattutto coltelli da lancio o piccoli archi a tracolla che lanciano dei cortissimi dardi velenosi. Le squadre di Balzalberi sono composte da pochi elementi, ma sono in grado di dare scacco anche a truppe molto numerose che, nel fitto delle foreste, non hanno grandi possibilità di manovra.

Cenni di storia delfyde. Di questo popolo si conosce poco o nulla della loro storia. Dopo che si sono immersi nella grande foresta non sono uscite quasi notizie sulla loro storia. Si conoscono però alcuni eventi che sono stati datati con una certa precisione, secondo la datazione ulgan. Innanzitutto i delfydi, da sempre, pur essendo molto schivi sono stati fedeli alleati del popolo ulgan e, durante le Grandi Guerre, hanno fondato l’Alleanza per contrastare lo strapotere degli stregoni neri e dei loro alleati morgni. Le cronache ulgan sono piene di episodi gloriosi ed eroici delle imprese delfydi per la difesa dei popoli liberi della piana del Sicland. Oltre a questo questo popolo è in ottimi rapporti commerciali con i nani del Glehaw. Col popolo Thoun i delfydi hanno in comune l’indole schiva; gli uni ritirati nelle viscere delle montagne, gli altri nel profondo delle foreste. Si annoverano tra i fatti conosciuti solo due grandi guerre nella storia delfyde, una molto antica e l’altra in tempi recenti:

  • La Guerra della Barriera. Questa guerra, durata circa un secolo, si è svolta tutta per intero durante il regno della leggendaria regina Eldenet che, parrebbe, abbia regnato circa 4-500 anni. La vita dei regnanti delfydi è tra le più lunghe in Arkhesya. Il periodo a cui ci si riferisce è antico, Eldenet dovrebbe aver regnato circa 4.700 o 4.400 anni fa, in pieno periodo delle Grandi Guerre. Le notizie sono piuttosto nebulose ma i delfydi giunsero, nella loro massima espansione, fino alla catena dei Radust e a sud nella fascia nord della foresta del Treewood. All’epoca ancora non conoscevano quella foresta inesplorata, pensavano si trattasse di una propaggine del Quer e per questo vi entrarono, ignari di quello che sarebbe loro capitato. Riportano le cronache che quattro intere squadre di esploratori esperti scomparvero e nessuno seppe più nulla di loro. La regina decise perciò di inviare uno degli eserciti per capire cosa fosse accaduto e di circa 500 delfydi ne tornarono, miracolosamente, sedici. Solo sedici si salvarono da quello che venne poi ricordato, nei canti delfydi, come il Massacro delle foglie, così chiamato perché i resoconti narrano di un turbine di foglie e rami che travolse l’intero esercito lasciando solo un macabro tappeto di cadaveri, nel sottobosco, ricoperti di foglie. Morirono tutti, cavalcature comprese, e solo più tardi si scoprì che erano state delle colonie di antichi demoni che abitavano quella parte della foresta. I demoni erano fuggiti, nella notte dei tempi, al potere dei guerrieri dealantiti e avevano trovato rifugio in quella enorme foresta. Da lì non erano più usciti per millenni facendone, perciò, la loro patria. La regina Eldenet, una volta conosciuta la situazione, ordinò di erigere Obixur la Bloccademoni, una barriera di energia magica tra il suo popolo e quel luogo maledetto, ma oramai i demoni avevano assaggiato le carni del popolo delfyde e la loro crudele voracità non si sarebbe fermata di fronte a nulla. Iniziarono quindi una serie di cruente battaglie in cui delfydi e demoni si scontrarono nel profondo della foresta, ai confini tra il Quer e il Treewood. Furono battaglie violente che videro prevalere dapprima i demoni e poi, lentamente, a mano a mano che la barriera faticosamente veniva eretta, le milizie delfydi. Dopo il Massacro delle Foglie vi fu un’altra disfatta delfyde che viene ancora ricordata come la Battaglia delle Ombre, durante la quale un intero distaccamento delfyde completo di reparto su cervi venne spazzato via in una sola notte. I primi cinquant’anni furono difficilissimi per i delfydi, ma poi subentrò, quasi fosse un dono del destino, la prima generazione di Afferrasuoni e Fiutaromi. Vennero impiegati massicciamente e questo diede modo di organizzare attacchi e difese in maniera del tutto differente e molto più efficace. infatti nella mitica Battaglia dei Sospiri i delfydi riportarono una eroica vittoria sbaragliando i demoni che venivano sistemanticamente scoperti dai rumori e dagli odori. Le successive schermaglie avvennero solo per bloccare del tutto i demoni mentre la barriera veniva terminata e, ancor oggi, è a salvaguardia del popolo delfyde da attacchi delle colonie di demoni che ancora, seppur più raramente, accadono. Ad oggi sono sempre presenti alcuni distaccamenti delfydi nei pressi della Bloccademoni perché i demoni affamati di carne delfyde non mancano mai.
  • La Guerra dell’Acqua e dell’Aria. Questa guerra, molto più recente, accadde all’epoca di re Fheryn, figlio della regina Galhart che durò meno di cinquant’anni, ma procurò inenarrabili danni e una infinità di morti tra i delfydi. Si narra che a quell’epoca i Cirbati, etnia guerriera che vive nella grande isola Pangui Munr, nota in Arkhesya come isola Thyllar dell’arcipelago Pangui Tago, fossero alla ricerca di un nuovo territorio adatto a coltivare i famosi Tedawar, alberi adatti alla costruzione dei bastiventi. Essendo dei guerrieri non è loro uso chiedere un territorio, ma conquistarlo e nelle loro ricognizioni notarono che le aree bonificate della foresta Quer, abitate dai delfydi, sarebbero state perfette per i loro scopi. Prepararono perciò un assalto alle regioni centrali della grande foresta con l’intento di conquistare il regno delfyde e farne la loro nuova regione di produzione. Non essendo un popolo molto numeroso chiesero agli stregoni del nord di allearsi con loro e a loro avrebbero lasciato tutto quello che avrebbero trovato nel reame delfyde, a loro bastava la terra dove coltivare i Tedawar. Per gli stregoni era una notizia perfetta, non attendevano altro visto che da secoli desideravano impadronirsi del leggendario Tyndarf un libro magico antichissimo che addirittura Delof Nib Ynadi avrebbe portato con sé nella diaspora successiva alla fine del reame dealantita. Ai cirbati non importava nulla di oggetti magici perciò l’alleanza fu presto fatta. Il vero problema per questo esercito, così riportano le cronache, era che il reame delfyde è praticamente inattacabile e inespugnabile, se attaccato da terra. Non vi è possibilità di sconfiggere i delfydi, dotati di magia e di reparti preparatissimi, sul loro territorio boscoso. Per questo motivo i cirbati, a bordo dei bastiventi, e i wirapi, cavalcado i draghi della razza Thai Dren, attaccarono dall’aria mentre una nutrita flotta di pirati, prezzolati dai Cirbati, presero d’assalto i delfydi dal mare, dal mar Nywam. Questo il motivo pr cui venne chiamata Guerra dell’Acqua e dell’Aria. Non ci furono vere e proprie battaglie campali, ma più che altro un continuo susseguirsi di attacchi da parte dei wirapi e dei cirbati che distrussero interi villagi cancellandoli praticamente dal territorio delfyde. Nei primi vent’anni di battaglie i pirati delle coste distrussero tutti i villaggi costieri, quelli che sopravvivevano con la pesca e che rifornivano di pesce l’entroterra. Fu una carneficina perché non risparmiarono nessuno e in quelle zone i pacifici delfydi erano attrezzati per sopportare qualche scorribanda dei pirati, come a volte accadeva, non a subire un martellante attacco da parte di una intera flotta. Vennero purtroppo spazzati via, del tutto. Nell’entroterra purtroppo le cose non andarono meglio e tutta la cinta esterna dei villaggi venne distrutta e catturata dai cirbati che avevano ridotto i delfydi a meno della metà grazie all’aiuto dei wirapi sulle loro cavalcature malefiche. A questo punto, stremati dalle perdite, re Fheryn chiese aiuto agli ulgan che a loro volta inviarono un messaggero ai Whighd, i nani delle vette, che molto volentieri inviarono un nutrito stormo delle loro truppe di Cavalca-Roc. Le cose nel decennio successivo cambiarono, i bastiventi erano troppo macchinosi per l’agilità di un Roc e, una dopo l’altra, le flotte dei cirbati venivano sconfitte, attaccarono allora a terra per salvare i territori conquistati, ma a questo punto grazie alle milizie preparatissime delfydi i cirbati iniziarono a perdere sistematicamente, fino a quando, a quasi cinquant’anni dall’inizio della guerra, re Fheryn inflisse la sconfitta definitiva ai cirbati distruggendo tutti i bastiventi e abbattendo i draghi Thai-Dren nell’ultima gloriosa battaglia ricordata come Battaglia delle Imboscate, così chiamata perché quando meno se l’aspettavano i cirbati venivano sorpresi e annientati, squadra dopo squadra mentre in aria stavano perdendo del tutto la loro supremazia. In mare, nel frattempo, aiutati dalla potente flotta ulgan salpata da Cory, l’ammiraglio Guvan Nalich guidava i suoi in una delle più importanti battaglie navali mai combattute contro le flotte pirate che spesso infestavano le coste di Arkhesya derubando le città e i villaggi costieri. Nella Battaglia dei Gusci, così chiamata per gli innumerevoli vascelli che si scontrarono, la strategia vincente fu quella dell’ammiraglio Guvan che riuscì a infliggere, con una tattica ineccepibile, una disfatta senza precedenti ai pirati che da quell’epoca non si sono più coalizzati in un'unica flotta. Quelle due battaglie posero fine alla famigerata Guerra dell’Acqua e dell’Aria, ma si racconta che re Fheryn abbia poi impiegato l’intera vita, e parte di quella del figlio Rohyn per ricostruire il regno dilaniato da quel sanguinoso conflitto. I cirbati sono tornati nel loro arcipelago e a distanza di secoli hanno ricucito in parte le vicende di quell’epoca, ora infatti non è raro vedere i delfydi che possono permetterselo viaggiare su bastiventi naturalmente prodotti dai cirbati.
Novir

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Syrus